LEGA NAZIONALE CONTRO LA PREDAZIONE DI ORGANI
E LA MORTE A CUORE BATTENTE
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COMUNICATO STAMPA
 Anno XXXI n.14
13 Settembre 2016

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“MORTI CEREBRALI” CHE SONO VIVI E STANNO BENE

 


Zack Dunlap, 21enne dell'Oklahoma, è vivo per il buon senso e la determinazione dei suoi cugini infermieri che nel 2008 non si sono rassegnati alla diagnosi dei medici, ma nel ritardo dell'equipe di espianto hanno testato loro direttamente le reazioni di Zack allo stimolo del dolore dimostrando che era vivo.

Steven Thorpe, 17enne inglese, nel 2008 era già stato deciso di spegnere il trattamento di sostegno alla vita, ma un consulente medico convocato dai genitori chiese alla rianimazione di attendere perché riteneva ci fosse una piccola possibilità di recupero. Due settimane dopo si svegliò e cinque settimane dopo fu dimesso in quasi pieno recupero.


Gloria Cruz, 56enne australiana, nel 2011 dichiarata “morta cerebrale” a seguito di un ictus, il marito non dà immediatamente l'autorizzazione alla sospensione della ventilazione, ma cede dopo 2 settimane richiedendo però lo “svezzamento” ed infatti Gloria riprende a respirare e 3 giorni dopo esce dal coma. E' vigile, mobile, in fase di recupero.


Madeleine Gauron, 76enne canadese, nel 2011 ricoverata in ospedale per un'infiammazione alle gengive e atto chirurgico. Le fu somministrato del cibo solido che la soffocò ed entrò in coma. L'ospedale comunicò che era in “morte cerebrale” e chiese gli organi. La famiglia pretese altri test di accertamento ed il giorno dopo Madeleine si svegliò.


Colleen Burns, 41enne dello Stato di New York ricoverata nel 2009 per un'overdose. I medici ritenevano che avesse un danno cerebrale irreversibile e la dichiararono “morta cerebrale”, invece era un coma profondo indotto da droga. L'Health Dep. scoprì una serie di errori dai quali Colleen si salvò perché aprì gli occhi sul tavolo operatorio per l'espianto.


Harrison Elmer, bimbo inglese di 3 settimane nel 2012 cadde in coma. i medici diagnosticarono una grave meningite, fu curato ma le condizioni peggiorarono. Gli esami a detta dei medici mostrarono che era “morto cerebrale” e perciò spensero la ventilazione, ma continuò a respirare autonomamente ed ora vive ed ha solo una lieve paralisi impercettibile.


Raleane "Rae" Kupferschmidt, 65enne del Minnesota, nel 2008 dopo un ictus emorragico fu dichiarata dai medici “morta cerebrale” ed estubata. I familiari la portarono a casa a morire. La figlia bagnandole le labbra aride si rese conto che succhiava il ghiaccio, riportata di corsa all'ospedale, dopo un intervento ha ripreso a camminare e a parlare.


George Pickering, 27enne del Texas colpito da un ictus massivo nel 2015 venne dichiarato “morto cerebrale” e l'ospedale ordinò l'interruzione della ventilazione oppure che si procedesse alla donazione degli organi. Il padre si barricò con la pistola e tenne a bada per 3 ore sanitari e polizia per dare a George più tempo ed infatti dopo George gli strinse la mano.


Jenny Bone, 40enne inglese, nel 2014 colpita da una rara malattia che attacca il sistema nervoso, causando paralisi, fu dichiarata “morta cerebrale”, ma si svegliò sentendo i medici domandare ripetutamente al marito se voleva interrompere il sostegno vitale, secondo il marito la richiesta avvenne troppo precocemente senza avere una diagnosi certa.


Joan Wensel, 55enne di Philadelphia, nel 2015 è stata trovata dal marito sul pavimento del bagno in coma e nessuno sapeva per quanto tempo era rimasta senza ossigeno. Fu posta sotto ventilazione ed alimentazione forzata per giorni. Dopo tre settimane, dichiarata “morta cerebrale”, fu interrotta la ventilazione, ma il giorno dopo si svegliò perfettamente cosciente.

“Qualcuno potrebbe obiettare che questi pazienti non erano veramente dei “morti cerebrali”, ma sono stati tutti dichiarati “morti cerebrali”. Pertanto se questa diagnosi di “morte cerebrale” è così inaffidabile, significa che deve essere ripensata. Quello che invece succede è che i comitati “etici” stanno discutendo su come poter prendere gli organi da pazienti che non sono neppure diagnosticati in “morte cerebrale” ma hanno danni gravissimi, sostenendo che la loro qualità di vita sarebbe così drammatica da giustificare la loro uccisione per avere i loro organi, in modo che qualcuno più degno di vita possa ottenerli.
E' semplice: la “morte cerebrale” significa persona ancora viva. E' una diagnosi sviluppatasi dal nulla alla fine degli anni '60 per ottenere organi freschi per la vorace industria della donazione di organi. Si fanno un sacco di soldi incluso il mercato nero.

Non ci vuole una scienza eccelsa per capire se una persona è morta. I morti non hanno battito cardiaco, non hanno respiro, il loro corpo è freddo e blu ed il sangue non circola. Fin quando questo non avviene, non si può essere sicuri che siano morti, non importa quanti medici in camice bianco cercano di convincerti del contrario” (Dr. Paul Byrne).

Da www.abyssum.org  del 9 giugno 2016

In Italia la dichiarazione di cosiddetta “morte cerebrale” a cuore battente è imposta per legge. Ne consegue l'espianto d'organi se il soggetto è donatore (o non oppositore) oppure l'interruzione della ventilazione (estubazione) senza “svezzamento” se il malato o i parenti hanno presentato opposizione.
Tale prassi autoritaria si è imposta per evitare che si manifestino risvegli dopo la dichiarazione di “morte cerebrale” che bloccherebbero il business trapiantistico.

Tra gli altri, eclatanti due casi italiani. Tony Mangogna dopo un incidente d'auto fu dichiarato dai medici in “coma non reversibile” e la richiesta degli organi fu fatta con insistenza ai limiti dell'arroganza, alla quale seguì l'opposizione ferma dei genitori ed un agghiacciante negoziato, dopo 42 giorni si svegliò e il suo primo gesto fu una carezza per la mamma; conduce una vita normale. Martin Banach strappato all'ospedale italiano che aveva chiesto gli organi e trasferito alla Clinica Universitaria di Essen, dove già dal primo giorno spalancò gli occhi e dopo un mese giocava a pallacanestro con nessuna lesione permanente. Leggi la loro storia su www.antipredazione.org sezione “Casi principali”.

Recentissimo il risveglio di Rosalba Giusti dopo 4 anni di coma all'ospedale Bonino Pulejo a Messina (stampa nazionale del 7.9.2016), non ha solo riaperto gli occhi, ma dà risposte coerenti e complesse. I sei figli dichiarano “Non dimenticheremo mai l'operatore della rianimazione che ci chiedeva il consenso per la donazione”. Richiesta illegale che senza l'opposizione poteva tramutarsi in  un crimine. Chi dona rischia.

 

Nerina Negrello
Presidente
Lega Nazionale Contro
la Predazione di Organi
e la Morte a Cuore Battente
www.antipredazione.org

 

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Fonte:
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